Toccatemi tutto, ma non il mio posto auto!

C’è una cosa nella vita che fa salire la pressione più velocemente di una bolletta della luce a tre zeri: tornare a casa e trovare il proprio parcheggio occupato da un perfetto sconosciuto. È un’ingiustizia di proporzioni epiche, una violazione del codice non solo stradale, ma anche morale. È l’equivalente urbano di qualcuno che ti mangia l’ultima fetta di pizza senza chiedere, un atto di guerra silenziosa che risveglia gli istinti primordiali di vendetta.
Ma chi sono questi individui spregevoli che si permettono di usurpare il nostro sacrosanto spazio privato? Esistono diverse categorie di “ladri di parcheggio”, tutte accomunate da un’innata capacità di ignorare la proprietà altrui con una faccia tosta degna di un premio.
C’è l’“Inconsapevole cronico”, colui che parcheggia con l’ingenuità di un bambino che non sa ancora distinguere il bene dal male. Forse ha visto il cartello di divieto, forse no. Forse ha pensato che fosse un suggerimento, più che un ordine. L’importante è che lui, nella sua testa, non sta facendo nulla di male. “Tanto ci sto solo cinque minuti!”, dirà, senza sapere che quegli stessi cinque minuti potrebbero essere sufficienti a far nascere in te la voglia di grattargli l’intera fiancata con una chiave (cosa che non va fatta però).
Poi c’è il “Furbo di quartiere”, quello che sa benissimo di non poter parcheggiare lì, ma lo fa lo stesso, con la sicurezza di chi non teme le conseguenze. Magari è uno che abita nella stessa via e sa che non sei sempre a casa. Oppure è solo un opportunista, il classico che pensa “finché non mi beccano, va tutto bene”. Questi individui sono i peggiori, perché incarnano il lato più bieco  dell’umanità: la totale mancanza di empatia e il culto della furbizia come stile di vita.
E non dimentichiamo il “Padrone del mondo”, quello che parcheggia in qualunque posto gli sia comodo perché pensa che le regole non valgano per lui. Ha una macchina enorme, magari un SUV dalle dimensioni di un carro armato, e la piazza con la disinvoltura di un imperatore che marchia il territorio. Se osi protestare, ti guarda con sufficienza e magari ti fa pure notare che “ci stava comodo”.
La rabbia che si prova nel vedere il proprio parcheggio occupato è un sentimento che non ha eguali.
È una furia ancestrale che parte dalle viscere e si diffonde come un incendio incontrollato. Ogni opzione passa per la mente: suonare il clacson come se non ci fosse un domani, chiamare i vigili, lasciare un biglietto velenoso sul parabrezza, o semplicemente rimanere lì, impalati, fissando la macchina intrusa con un misto di incredulità e rancore.
E quando finalmente il colpevole compare, la scena è sempre la stessa: un sorriso imbarazzato, una scusa improvvisata, e la promessa che “non succederà più”. Ma succederà, eccome se succederà. Perché chi si appropria indebitamente di un parcheggio riservato lo farà sempre, finché non avrà un deterrente adeguato. E qui entra in gioco la creatività. O i salva parcheggio automatici.
C’è chi opta per la vendetta sottile, come lasciare un biglietto di insulti scritti con elegante calligrafia, giusto per dimostrare che si può essere civilmente aggressivi. Altri preferiscono la strategia della punizione esemplare, come incollare un cartello con lo scotch sulla macchina del trasgressore con la scritta “IMPARA A LEGGERE I DIVIETI, MALNATO”. Poi ci sono quelli che sognano azioni da film d’azione, come sollevare il veicolo a mani nude e scaraventarlo in un fosso, ma purtroppo le leggi della fisica impediscono di realizzare questi sogni di giustizia suprema.
La realtà è che, nella maggior parte dei casi, tocca ingoiare la rabbia e aspettare che il maledetto se ne vada. O, peggio ancora, trovare un altro parcheggio, magari a due chilometri di distanza, perché ovviamente nelle leggi non scritte del parcheggio cittadino vale il principio che quando ti rubano il posto non troverai mai un’alternativa decente.
Eppure, in un mondo ideale, ci sarebbe un sistema di punizione perfetto per questi delinquenti della sosta. Un dispositivo che fa scattare una sirena assordante quando un’auto non autorizzata si piazza al suo posto. Oppure, ancora meglio, una vernice spray invisibile che si attiva dopo qualche ora, colorando la macchina di rosa fosforescente per una settimana. Perché la vergogna è l’unico deterrente davvero efficace.
Nel frattempo, l’unica soluzione pratica rimane quella di essere sempre pronti alla battaglia psicologica. Occhi aperti, strategia di attacco pronta, e un corredo di frasi acide da sfoderare quando necessario. Perché il parcheggio non è solo un pezzo di asfalto: è il nostro territorio, il nostro piccolo regno, e difenderlo è un diritto sacrosanto.