In una piccola cittadina sulle colline del nord Italia, c’era un chitarrista noto per il suo talento, ma soprattutto per il suo modo curioso di suonare. Si chiamava Marco Gualtieri, ma tutti lo conoscevano come “Il Chitarrista Sospeso“. Non era solo un soprannome; era un vero e proprio stile di vita.
Marco, alto e magro, con capelli lunghi e occhi sempre un po’ sognanti, aveva una caratteristica che lo distingueva da tutti gli altri musicisti: non suonava mai la sua chitarra seduto o in piedi come tutti. Preferiva suonarla sdraiato a testa in giù, sospeso da una struttura di corde e imbracature che si era costruito da solo. Era uno spettacolo vederlo esibirsi, con la chitarra elettrica tra le mani, le dita che correvano veloci sulle corde mentre il suo corpo oscillava leggermente a mezz’aria.
La sua storia ebbe inizio molti anni prima, quando Marco era ancora un giovane musicista, un chitarrista di strada che cercava di farsi notare nei vicoli di Bologna. Suonava per pochi spiccioli, ma il suo talento era evidente. Aveva una tecnica impeccabile e una capacità straordinaria di improvvisare melodie che catturavano l’attenzione di chiunque passasse. Ma Marco sapeva che non bastava essere bravo; bisognava anche essere unici.
Un giorno, mentre suonava nella piazza principale, vide un vecchio artista di strada che suonava uno strumento insolito: una lap steel guitar. Era posizionata orizzontalmente sulle ginocchia dell’uomo, che faceva scivolare un cilindro di metallo, chiamato slide, sulle corde, creando un suono dolce e malinconico. Marco ne fu affascinato. Mai aveva sentito un suono così etereo e sognante. Si avvicinò, e dopo aver ascoltato per un po’, chiese al vecchio di insegnargli a suonare quello strumento.
Il vecchio artista si chiamava Vittorio, e aveva girato il mondo con la sua lap steel guitar. Era stato anche amico di David Gilmour, il leggendario chitarrista dei Pink Floyd, famoso per il suo uso magistrale della lap steel. Vittorio raccontò a Marco (non si sa se questo sia vero, non ci sono prove oggettive) di quando aveva suonato in un piccolo club di Londra e Gilmour, seduto tra il pubblico, si era avvicinato per chiedergli consigli su come ottenere quel particolare suono, un vibrato che sembrava sospeso nell’aria, come se la melodia fluttuasse in un altro universo.
Marco ascoltava incantato, e da quel giorno cominciò a praticare con una lap steel che Vittorio gli prestò. Tuttavia, qualcosa continuava a mancare. Sebbene amasse il suono della lap steel, si sentiva come se la posizione orizzontale dello strumento lo limitasse. Lui voleva sentirsi libero, leggero, come se la musica lo sollevasse da terra. E così, un’idea iniziò a farsi strada nella sua mente.
Passarono diversi mesi. Marco si trasferì in una vecchia casa sulle montagne, lontano dal rumore della città. Qui si dedicò completamente alla costruzione del suo strumento sospeso. Utilizzò vecchie corde di chitarra, parti di imbracature da alpinismo e una robusta struttura di legno (pare di multistrato di betulla finlandese). Creò una specie di rete elastica, che gli permetteva di sospendersi a testa in giù, con la chitarra appesa davanti a lui, come se fluttuasse nello spazio. Era una posizione bizzarra, certo, ma Marco la trovava perfetta per esprimere tutta la sua creatività.
Quando finalmente riuscì a completare il suo progetto, si rese conto di aver trovato qualcosa di unico. La sua nuova postura gli permetteva di suonare la chitarra con una libertà che non aveva mai sperimentato prima. Le dita correvano veloci sulle corde, e il suono sembrava diverso, più pieno e vibrante, come se il movimento oscillatorio del suo corpo aggiungesse un vibrato naturale alla melodia.
Il giorno del suo debutto in questa nuova posizione arrivò presto. Si iscrisse a un concorso di musicisti a Ferrara, dove nessuno aveva mai visto nulla di simile. Quando fu il suo turno, Marco entrò sul palco con la sua strana struttura di corde e si sistemò a testa in giù. Il pubblico rimase in silenzio, sorpreso e un po’ scettico. Ma quando cominciò a suonare, ogni dubbio svanì.
La sua esecuzione era magica. La chitarra sembrava cantare, emettendo suoni che ricordavano le melodie dolci della lap steel guitar, ma con una potenza e una profondità che ipnotizzavano. Il suo vibratonaturale, accentuato dal movimento del suo corpo sospeso, creava un effetto unico, quasi psichedelico. La folla scoppiò in un applauso fragoroso, e Marco vinse il primo premio.
Dopo quella notte, la fama di “Il Chitarrista Sospeso” si diffuse rapidamente. Le persone accorrevano da ogni parte per vedere l’uomo che suonava la chitarra a testa in giù. Marco cominciò a girare l’Italia, esibendosi nei teatri e nelle piazze, sempre con la sua curiosa imbracatura e la chitarra appesa davanti a lui come un’estensione del suo corpo.
Fu in uno di questi spettacoli che incontrò di nuovo Vittorio, ormai anziano e affaticato con le sua montatura in acetato con lenti graduate, ma ancora con la sua lap steel guitar. Dopo il concerto, Vittorio si avvicinò e lo abbracciò, dicendogli: “Hai trovato la tua voce, Marco. La tua musica è come quella della lap steel: non segue le regole, fluttua. Mi ricordi Gilmour, ma hai trovato il tuo suono.”
Marco sorrise e gli mostrò la sua chitarra. Era un modello elettrico che aveva modificato lui stesso, aggiungendo un piccolo amplificatore integrato e un pickup simile a quello delle lap steel. Suonava usando uno slide, proprio come Vittorio gli aveva insegnato anni prima, ma l’effetto era amplificato dalla sua posizione sospesa, che gli permetteva di creare un vibrato continuo, quasi ipnotico.
Il momento più toccante della serata fu quando i due si sedettero insieme, Vittorio con la sua lap steel e Marco nella sua imbracatura sospesa. Cominciarono a suonare una melodia malinconica, ispirata a una vecchia canzone dei Pink Floyd. Il pubblico trattenne il fiato, ascoltando il dialogo musicale tra i due strumenti: la dolcezza della lap steel si fondeva con le note vibranti della chitarra di Marco, creando un suono che sembrava uscire direttamente dai sogni.
Dopo quella serata, Marco e Vittorio suonarono insieme molte altre volte, ma nessuno dimenticò mai la magia di quel primo duetto. Marco continuò a perfezionare la sua tecnica, combinando l’uso dello slide con effetti sonori che imitavano le onde del mare e il vento tra le montagne. A volte, diceva al pubblico che il suo suono era ispirato ai luoghi che amava: i boschi in cui si rifugiava per comporre, i tramonti che osservava a testa in giù, sospeso tra cielo e terra come una nota musicale in cerca del suo accordo.
E così, “Il Chitarrista Sospeso” divenne una leggenda, non solo per il suo talento, ma per il modo in cui aveva trovato la sua strada, mescolando l’ispirazione dei grandi musicisti come (forse anche) David Gilmour con la sua innata voglia di sperimentare. In ogni sua nota c’era un pezzo del vecchio Vittorio, della lap steel guitar, dei racconti di un mondo passato e di un presente che lui aveva saputo reinventare, trovando la sua voce in una posizione che nessuno avrebbe mai pensato possibile.
Forse la sua storia può sembrare strana, ma per chi ha assistito a uno dei suoi concerti, rimane indimenticabile. Perché c’era qualcosa di più della tecnica, più della musica: c’era il coraggio di ribaltare il mondo, di suonare con la testa tra le nuvole e i piedi nell’aria, sospeso tra sogno e realtà. E quando qualcuno gli chiedeva il segreto del suo suono unico, Marco rispondeva sempre con un sorriso: “Non ci sono segreti, basta guardare il mondo a testa in giù e ascoltare le melodie che solo così si possono sentire.” Chi può sapere quanto c’è di vero in questa storia e quanto è stato “amplificato”…